Oggi gli ambiti in cui vengono utilizzati i robot industriali non sono molto diversi da quanto emergeva cinque anni fa da un report realizzato dalla RIA (Robotic Industries Association).

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I robot sono utilizzati per: saldare, movimentare materiali e verniciare.

Le “altre applicazioni” invece stentano a prendere piede, anzi hanno perso terreno rispetto ai classici campi d’impiego dei robot.


Cosa sono le “altre applicazioni” e per quale motivo non si sono sviluppate nel settore industriale?

Le “altre applicazioni” si collocano in ambiti operativi complessi che richiedono al robot la capacità di vedere e riconoscere l’ambiente che lo circonda così da potervi interagire, magari cooperando con un altro robot o con un essere umano.
Per questo motivo i sistemi di controllo hardware che equipaggiano alcune gamme dei moderni robot industriali ne permettono oggi l’uso in ambienti di lavoro collaborativi “robot – uomo” senza violare la direttiva sulla sicurezza delle macchine industriali.

Allo sviluppo dell’hardware e firmware che equipaggia i robot non è però seguito un eguale sviluppo dei sistemi e software necessari per realizzare i programmi applicativi che governano il movimento di un robot.

Per questa principale ragione gli ambiti d’impiego industriale dei robot non si sono evoluti oltre i classici settori della movimentazione dei materiali, saldatura e verniciatura. Troppo complesso e costoso sviluppare applicazioni per robot che non siano basate su motion & gripping rigidamente prestabiliti.

Ciò premesso, la tendenza misurata dal report della RIA continuerà a proseguire immutata anche in futuro?

Oppure in questi ultimi 5 anni si sono aggiunti nuovi elementi tecnologici che già da subito potranno essere usati per incrementare l’uso dei robot in fabbrica?

La risposta a quest’ultima domanda è Sì… a patto di saper trarre lezione dalla storia.

Sembrerà strano, ma la tecnica usata oggi per la programmazione dei robot è concettualmente molto simile alla “best practice” usata per i computer nei lontani anni 70.

A quel tempo non esistevano le reti e quindi neanche internet e creare community di sviluppatori era un pochetto dura.
La Information Technology era sotto il controllo dei “big” del tempo, IBM in testa.
Ogni produttore di computer aveva sviluppato il suo sistema operativo e il relativo linguaggio di programmazione proprietario così da fidelizzare i propri clienti… forse anche per scoraggiare il passaggio di questi ultimi verso altri produttori di computer concorrenti.

Tuttavia, alla fine, il prodotto lo fa sempre il mercato con le sue esigenze… e le “speranze” dei big dell’ IT di mantenere a tempo indeterminato lo status quo si sono infrante contro la comparsa di un nuovo sistema operativo denominato Unix e un nuovo linguaggio di programmazione dal nome molto breve C.

Unix + C = portabilità del software fra hardware differenti senza dover buttare alle ortiche il know-how. Una roba epocale!
Partendo da questa “ventata di libertà tecnologica” si sono sviluppati i microprocessori General Purpose e il Personal Computer.

Unix è stato il punto di svolta dal quale si sono poi originati, con sempre maggiore accelerazione, la catena di eventi che hanno portato all’odierno sviluppo della IT, fino ai sistemi di calcolo ispirati alle reti neurali, oggi abbreviati con la sigla IA (Intelligenze Artificiali).

Precisazione di carattere generale: IA al singolare non esiste. IU (Intelligenza Umana) esiste invece al singolare. Questo per rispondere alla domanda: cosa faremo quando ci sarà l’ IA?

Oggi, quasi 50 anni dopo il “momento di svolta” dell’era dei computer, come siamo messi nell’abito dei sistemi e linguaggi per la programmazione dei robot?

A guardare la tabella riportata sotto, siamo più o meno dove eravamo 50 anni fa con i computer mainframe.


Ogni produttore di robot ha sviluppato il suo ecosistema. Poco conta dire che la “chiusura” tipica degli ecosistemi proprietari è in parte mitigata dal fatto che oggi, rispetto agli anni 70, non si programma più “spaghetti code” (una linea di codice dietro l’altra).

Per programmare i robot si usano ambienti di sviluppo visuali così da progettare e realizzare il motion, il gripping, etc… ma questi ambienti di sviluppo proprietari sono poco adatti ad interagire con i package software che invece in altri ambiti applicativi risolvono problematiche di ordine cibernetico come la visione artificiale.

Tuttavia, come nei lontani anni 70, il prodotto alla fine lo fa l’esigenza del mercato e nessun produttore è così grosso da potersi permettere di andare contro il mercato. Inclusi i produttori di robot.

In sostanza, il paradigma Industria 4.0 ha rilanciato la necessità di esplorare nuovi ambiti di utilizzo dei robot, andando oltre i classici impieghi per movimentazione & saldatura, così da compiere il passaggio da Industria 3.0 (automazione) verso Industria 4.0 = Intelligent Autonomous System.

Anche se ancora poco noto in Italia, nel “mondo dei robot” è nato un equivalente concettuale a ciò che per i computer rappresentò Unix alla fine del 1970. La storia, anche per la tecnologia, a volte si ripete.

Questo sistema operativo si chiama ROS-I (Robot Operating System- Industrial)

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ROS-I è un progetto open source molto vasto che si pone l’obiettivo di fornire ai System Integrator che operano nell’ambito Intelligent Autonomous System una pagina bianca e una penna per scrivere una nuova storia nel mondo dello sviluppo industriale.


ROS-I è un framework middle layer che rende disponibile:

  • la possibilità di poter utilizzare tutte le API (Application Programming Interface) che oggi fanno da motore al mondo delle applicazioni di intelligenza artificiale deep learning, come TensorFlow di Google.
  • i drive (in continua crescita) che permettono il collegamento delle applicazioni ROS-I con i controller dei produttori dei robot rendendo così possibile la trasmissione dei dati necessari per l’attuazione del motion.

In sintesi, con ROS-I il robot diviene un dispositivo attuatore dei comandi che si originano da un software di “intelligenza superiore” cui compete il compito della retroazione guidata dagli input provenienti dai device sensori e fra questi nel prossimo futuro risulterà centrale la tecnologia Deep Vision.

In questa “big picture” architetturale risultano assolutamente interessanti i device Intel appartenenti alla seconda generazione della serie RealSense D400. Anche Microsoft si è rimessa in marcia lungo la pista che porta alla deep vision “AI-enabled”, come dimostra il recente annuncio riguardo la nuova Kinect “industrial” che, in verità, già nella precedente versione era stata utilizzata da alcuni sviluppatori che avevano portato questo device fuori dall’ambito dei video giochi domestici realizzando applicazioni di realtà aumentata come la virtual dressing room.

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La nuova Kinect Microsoft, annunciata poche settimane fa, nasce da subito con chiare finalità Industrial, trasformandosi da telecamera 3D a dispositivo Deep Vision.

Le possibili applicazioni che deriveranno dallo sviluppo di sistemi come ROS-I sono vastissime e non riguardano solo la robotica in senso stretto.

Anche i computers di bordo delle macchine industriali (torni, frese, etc…) potranno avvalersi del paradigma Intelligent Autonomous System e della tecnologia che lo supporterà, così, ad esempio, da introdurre il controllo qualità predittivo all’interno del ciclo di lavorazione, intercettando preventivamente le deviazioni che potrebbero portare, se non corrette, all’esecuzione di un prodotto da scartare.

Seguendo il paradigma Industria 4.0 l’azienda si governa tramite i dati che fluiscono in/out attraverso i sistemi di gestione delegati ERP e MES, fino ad arrivare al livello di attuazione, ovvero ai sistemi che fisicamente svolgono il lavoro… là dove “scende il truciolo” e l’ IU è ancora indispensabile.

Questa è la “big picture” che si cela dietro Industria 4.0

Una grande opportunità per la competitività delle nostre aziende e per chi di mestiere fa il system integrator con lo spirito e la grinta dell’innovatore.

Un buon periodo per i “Biz Dev” (business developer) dotati di competenza, vision, pragmatismo e capaci di far di conto in modo innato.  Io li chiamo Deep “Biz Dev” e sono facilmente riconoscibili perchè, come i device deep vision, dispongono di un buon FoV.


Breve elenco di fonti per entrare nel mondo ROS-I


Mi chiamo Annibale Marchetti, da molti anni mi occupo dell’evoluzione del dualismo “organizzazione & informatica”, dove, è sempre bene ricordarlo, il primo termine rappresenta il fine, mentre il secondo è il mezzo. Sono un autodidatta-osservatore e questa qualifica mi aiuta a ricordare che lo studio, come l’innovazione, è una storia senza fine.