Comporre ciò che serve. Ecco riassunto in poche parole il compito di un configuratore commerciale.

Configuratore Commerciale

Un configuratore commerciale può essere definito efficace se grazie ad esso i clienti riescono a percepire ciò che prima in negozio riusciva a trasmettergli un buon commesso della vecchia scuola.
Mettere a suo agio il cliente. Non essere invasivo. Guidare facendo finta di essere guidato… Come posso aiutarla?

Quello del “buon commesso” è un paradigma da tenere a mente quando ci si addentra nel campo della configurazione di prodotti/servizi caratterizzati da un forte grado di adattabilità alle aspettative, stile, bisogni, necessari a soddisfare coloro i quali, contenti della composizione realizzata, gli parrà poi lieve l’ultima incombenza da espletare… passare a pagare in cassa.

Da questo paradigma è nato alla fine degli anni 90 uno dei migliori configuratori oggi presenti sul mercato. Mentre fu più marginale il fatto che i due tizi che progettarono il sistema di configurazione venissero da esperienze di analisi e sviluppo di una certa importanza.

A ben ricordare, il fattore chiave di successo fu principalmente dovuto al fatto che il committente del sistema di configurazione aveva le idee chiare riguardo cosa dovesse fare la sua azienda per venire incontro ai bisogni dei propri clienti.

Pur avendo una dimensione industriale molto importante, il committente amava qualificare la sua impresa “il più grande artigiano d’Europa”.

Pur producendo prodotti nell’ordine di diverse centinaia di migliaia all’anno, il quantitativo d’ordine interessante a cui puntare doveva essere quello con quantità = 1

Quantità = uno vuol dire unico. Unico vuol dire essere composto (configurato) in modo da essere adattato ai gusti di colui che poi alla fine svolge il compito più vitale; passare a pagare in cassa.

Grazie al configuratore commerciale e ad internet, la bottega virtuale del più grande artigiano d’Europa poté espandersi arrivando a raccogliere ordini fin presso le case dei clienti.

Poi… a generare la distinta base di produzione i cicli di lavoro, le istruzioni tecniche ed i programmi per i centri di lavoro CNC ci avrebbe pensato l’altra faccia del sistema configuratore, quella rivolta alla produzione.

Perché è vero e pure molto Made in Italy. Nei riguardi del contatto con i clienti bisogna rimanere artigiani, muoversi come i vecchi commessi di negozio. Perfetto! Ma poi il prodotto venduto va realizzato nei costi e tempi stabiliti. E’ in questa fase che l’artigiano deve cambiare volto divenendo industriale.

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Ma come è possibile unire le apparentemente inconciliabili caratteristiche dell’artigiano e dell’industriale?
Implementando un sistema di classificazione delle informazioni ispirato dalla teoria degli oggetti in modo da creare le fondamenta su cui basare il motore di configurazione.

Grazie ai dati provenienti dal sistema di configurazione il lotto economico tipico dell’artigiano (quantità=1) può essere elaborato con logiche di similitudine produttiva. In questa maniera è possibile abbattere i tempi di setup per le macchine e di apprendimento per le maestranze… e molto altro ancora.

Il venditore artigiano e dietro il suo bancone il cuore produttivo industriale. Facce diverse e cooperanti della stessa medaglia.
Fantastico! Nel mondo dell’analisi ad oggetti questa cosa mi sembra che si chiami polimorfismo.

Al netto della parolona polim…etcetera, quanto di tutto ciò è realmente presente nel vivere quotidiano delle imprese?

Se chiedessimo a cento imprenditori, cos’è un sistema di configurazione? Novanta di loro (forse di più) con molta probabilità risponderebbero: trattasi di un software che sta nel nostro sito internet e che permette ogni tanto a qualcuno d’inserire un ordine; spuntando una casellina qui e una casellina là.

Un pochino poco per chiamare lo “spunta caselline” configuratore… con la speranza poi che di “ordini artigiani” con quantità=1 ne arrivino pochi. Altrimenti poi in produzione a gestirli son problemi.

Come mai questa situazione?

E’ diversi anni che me lo chiedo.

Per quanto sono riuscito a capire gran parte del problema è da imputarsi alla cultura di chi progetta i sistemi gestionali ERP. Un poco più di coraggio e capacità di pensare per astrazioni al posto del solito 1+1=2 forse potrebbe aiutare.  -e.g. Ho provato a raccontare questo tema con il post: stato dell’arte e gap dei moderni sistemi ERP

Ad esempio, noi esseri umani classifichiamo le cose che ci circondano (oggetti) utilizzando un sistema intuitivo e naturale. Bisogna che i computers, o meglio il software, o meglio ancora i progettisti del software, si adeguino alla nostra natura e non viceversa.

Una volta, parlo di 25 – 30 anni fa, tutto ciò era quasi impossibile per problemi di ordine tecnico.

Ma oggi non ci sono più impedimenti tecnologici. Vado sul banale. Quando mi capita di leggere in un qualche manuale di “best practice”, magari redatto da società di consulenza “di pedigree”, consigli come il suggerire la tecnica di costruire “codici parlanti” di 24 o più caratteri per codificare gli articoli di magazzino… m’intristisco.

Fosse solo il mio “intristimento” il problema… tira là… c’è di peggio al mondo. Ma, a parte il mio intristimento. Se non si cambia la cultura alla base del sistema di classificazione degli oggetti, ben difficilmente i sistemi informatici saranno in grado di aumentare le possibilità offerte a chi fa impresa.

Con buona pace del miglioramento della produttività di cui oggi tanto si parla con un fiume di parole, nelle quali purtroppo annega il dettaglio costituito dal: “come effettivamente si può recuperare produttività” rimanendo flessibili. Prendendo il meglio dal mondo artigiano e dal mondo industriale.

Tarare i mezzi per il raggiungimento del fine. Ricordando che la creatività è nel nostro DNA.
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Rispettare e ascoltare con attenzione chi dice: “abbiamo sempre fatto così”.

Senza però aver paura di farsi avanti con un:  ma se invece facessimo cosà? …magari portando il buon commesso di un negozio della vecchia scuola fin davanti alla porta di quel signore che si chiama cliente. Il vero proprietario di ogni azienda.

L’unico soggetto effettivamente decisore che può decretare il successo oppure licenziare tutti.


Mi chiamo Annibale Marchetti, da molti anni mi occupo dell’evoluzione del dualismo “organizzazione & informatica”, dove, è sempre bene ricordarlo, il primo termine rappresenta il fine, mentre il secondo è il mezzo. Sono un autodidatta-osservatore e questa qualifica mi aiuta a ricordare che lo studio, come l’innovazione, è una storia senza fine.

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